domenica 11 maggio 2014

Primi interventi di carattere pubblico nell'attività bancaria

Il fiorire e l'intensificarsi della attività economica, specie dal XII sec. in poi, aveva accresciuto la massa di risparmio disponibile, mentre ragguardevole era anche la richiesta potenziale di capitali, soprattutto nel settore del commercio, impegnato in ardite iniziative di espansione.
Il denaro perciò affluiva sotto forma di depositi presso i banchieri , in genere persone eminenti della nascente borghesia cittadina, che corrispondevano quasi sempre un interesse, eventualmente in modo non palese, nonostante il divieto canonico.
In altri casi, per aggirare la regolamentazione in materia, il risparmio veniva fornito quale partecipazione associativa a compagnie costituite intorno a famiglie di capitalisti particolarmente attive.
Ciò che conta qui sottolineare è che il banchiere che si trovava a disporre di ingenti masse di depositi, le impiegava generalmente nel proprio commercio o industria, o in certe grandi operazioni finanziarie caratteristiche dei tempi (prestiti a Stati e Sovrani, riscossioni di rendite varie, ecc.).
E all'immobilizzo a lungo termine di risorse, che avrebbero dovuto invece conservare un alto grado di liquidità, viene in genere attribuita la crisi e il crollo delle grandi case bancarie rinascimentali, specie fiorentine (quelle dei Bardi e dei Peruzzi per esempio).
Tali esperienze furono, per certi aspetti, positive, dato che indicarono la necessità di conservare la disponibilità dei depositi. Le autorità del tempo intervennero anzi con vari impedimenti legislativi volti a garantire un più ordinato svolgimento delle attività bancarie, nell'interesse sia dei risparmiatori che della collettività tutta; le norme emanate imposero cauzioni, il divieto di esercizio di determinate imprese, limiti vari per ridurre i rischi connessi.
A questo primo intervento di carattere pubblicistico, ne seguirono altri, più incisivi: lo Stato ritenne opportuno, per eliminare gli abusi che continuavano a verificarsi, istituire propri banchi, con la precipua funzione di custodia dei depositi, agevolazione dei pagamenti e manutenzione del valore delle monete, nonché il loro utilizzo quali casse pubbliche, cui lo Stato ricorreva in caso di impellenti esigenze finanziarie.
L'epoca medioevale e quella rinascimentale si chiudono perciò senza che l'attività bancaria abbia acquisito quei tratti che le sono oggi caratteristici. La Banca svolge essenzialmente un ruolo monetario e le operazioni di questo tipo subiscono una notevole evoluzione e perfezionamento; deposito, cambio manuale e traiettizio, lettera di cambio, trasferimento dei titoli rappresentativi dei depositi mediante girata nei registri del banchiere, mantenimento del valore delle monete mediante verifica del contenuto di fino, cioè del contenuto in metallo prezioso rispetto al valore nominale.
Tutti questi sono gli strumenti con cui le casse dell'epoca assolvono ai compiti di custodire la moneta, agevolare i pagamenti e migliorare il movimento del denaro.
Mancava ancora alla Banca l'esercizio della funzione creditizia, cioè la connotazione peculiare del suo inserimento nell'economia moderna.
Operazioni di prestito talvolta si facevano ma contenuti in una sfera assai ristretta e molto spesso non finalizzati ad attività produttive.
Spesso venivano effettuati abusivamente dai cambisti e dalla banche di deposito ma con le più studiate cautele per sfuggire al rigore delle leggi proibitive o limitative dell'interesse.
Si mirava, da parte dei pubblici poteri, ad assegnare alle banche l'anzidetta funzione monetaria, ostacolando e proibendo ogni attività di tipo creditizio per la tutela dei depositanti.



Una nota in merito all'usura

La Chiesa era contraria all'usura, cioè ai prestiti a interesse; la cultura religiosa di quel periodo considerava grave peccato il prestare denaro a interesse perché in tal modo il creditore sfruttava il tempo, cioè un bene divino e non suo, per ricavare senza lavoro un ingiusto guadagno.
Il divieto religioso non costituì però un vero limite all'attività dei banchieri in quanto era spesso sufficiente, per evitare scomuniche, salvare la forma e non usare la parola interesse sostituendola con dono, "guiderdone".

Coll'inizio delle crociate si comincia a sostenere in Italia che si può chiedere usura ai musulmani, anche se questo avrebbe potuto voler dire per i musulmani impiegare i capitali ricevuti contro gli interessi dei cristiani. D'altra parte durante le crociate l'usura ebbe grande diffusione, tanto che già alla fine del XII sec. gli usurai cristiani erano di molto superiori a quelli di origine ebraica. Tra il Mille e il XIII secolo il tasso annuale che gli ebrei in Francia non devono superare era del 33,5%. Analogamente a Firenze, Milano, Pistoia, Lucca il tasso medio annuo si aggirava sul 30% (in Inghilterra invece andava dal 12 al 33%).

A proposito del divieto canonico sull'applicazione degli interessi, voglio evidenziare come il capolavoro di  Giottola Cappella Scrovegni a Padova, sia stato commissionato da Enrico Scrovegni per riparare alla fama negativa della propria famiglia accusata di aver praticato l'usura.
Per saperne di più selezionare il link sotto riportato.

http://www.vhlab.itabc.cnr.it/Img/Media/CulturaliaPadova/Culturalia_01_padova.pdf

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