venerdì 23 maggio 2014

I biglietti di banca

L'inizio dell'era bancaria moderna viene, in genere, temporalmente collocato nel 1609, con la creazione della Banca di Amsterdam, a carattere pubblico. L'ordinanza istitutiva l'autorizzava a ricevere depositi in monete e in verghe di metalli preziosi che venivano registrati nei libri quale credito, girabile ad altri fino a totale concorrenza, mediante assegni tratti sulla banca. L'istituto, inoltre, accettava le cambiali presentate per la riscossione, percependo una commissione per il servizio. Le funzioni così svolte erano, in sostanza, quelle di una banca pubblica di deposito e di giro.
Ciò che appare importante è che per la prima volta, esiste un istituto con compiti definiti, eseguiti mediante operazioni determinate sul piano tecnico, dotato di piena autonomia.
Viene in tal modo ad affermarsi quel carattere di intermediazione dell'attività bancaria che si era andato accentuando negli anni precedenti; il deposito, il giro e le altre transazioni monetarie non sono più attività ausiliari e complementari rispetto agli altri affari gestiti dal banchiere, ma acquistano una propria autonoma validità.
Ulteriori e più ragguardevoli progressi sul piano sia delle funzioni che della tecnica di banca dovevano raggiungersi pochi decenni dopo in Gran Bretagna, attraverso un processo storico che portò, nel 1694, alla creazione della Banca d'Inghilterra. L'istituto venne costituito come società anonima. Fu concesso alla banca di negoziare biglietti o effetti commerciali o lettere di cambio; di commerciare oro e argento, sia in monete che in verghe, di ricevere in deposito merci e concedere sovvenzioni ai depositanti, di assumere ipoteche fondiarie, con l'autorizzazione a vendere i relativi prodotti; di fare anticipazioni al governo, di emettere biglietti pagabili a vista e al portatore, fino a concorrenza del capitale della banca, salvo diversa autorizzazione.
Rispetto ai procedimenti bancari impiegati nei secoli precedenti, veramente originali erano le operazioni di anticipazione su pegno di merci e la emissione di biglietti di banca. La copertura di questi ultimi era così garantita dal capitale. I biglietti di banca, inizialmente fruttiferi, successivamente divennero  titoli infruttiferi pagabili a vista, e cioè, dal punto di vista tecnico, vere e proprie banconote.
Il lungo e lento processo di maturazione, cominciato secoli prima, giunge così a compimento.
Infatti, con l'esercizio dei depositi irregolari, degli sconti di effetti pagati con biglietti e delle aperture di conto corrente, la banca moderna poteva dirsi ormai costruita nelle sue linee fondamentali; essa, infatti, cessava di essere solo una istituzione monetaria, diretta a facilitare i pagamenti dei commercianti, per divenire un mirabile organo creditizio, che riceve denaro a credito, che paga con promesse di pagamento, ossia con credito, che vende credito.
Alla funzione monetaria, che acquista ora minore rilievo, si aggiunge quella creditizia, che diviene il centro dell'attività bancaria.
BIGLIETTO DI BANCA e biglietto di stato. - Il biglietto di banca o banconota è un buono emesso da una banca a ciò autorizzata la quale si obbliga a pagare a vista e al portatore; quando tale titolo invece è emesso dallo stato, per lo più per il tramite di una banca, allora si chiama biglietto di stato. In economia politica si definisce: "la promessa fatta da un banchiere di pagare una somma determinata al portatore e a vista". Nella sua fisionomia economica e giuridica attuale, il biglietto è il risultato di una spontanea evoluzione relativamente moderna. Procede dalla trasformazione delle ricevute di depositi rilasciate da banchieri e circolanti dapprima per girata fra i loro clienti. Successivamente viene emesso per somme fisse e rotonde; si cessa di scrivere su di esso il nome del depositante o creditore; la banca rinunzia a qualsiasi compensazione con eventuali altri debiti del portatore del biglietto di banca, dandogli anzi un diritto di preferenza su tutti gli altri creditori. La figura del biglietto risulta cosi compiuta e perfetta.
Nelle prime forme, la sua emissione fu completamente libera, rientrando nelle operazioni normali delle banche che la praticavano. E tale rimase a lungo in qualche paese; particolarmente in Scozia, dove anche ditte commerciali ordinarie ne usavano. In Inghilterra, essa rimase di diritto comune. Celebre la controversia che si agitò, nella prima metà del sec. XIX, fra i fautori della piena libertà di emissione (scuola bancaria), che si richiamavano ad Adam Smith, e i sostenitori di una regolamentazione più o meno rigorosa, e di un vigile controllo della importantissima operazione  (scuola metallica), seguaci e illustratori delle teorie di Davide Ricardo. Dal 1850 in poi prevale la seconda corrente. 
I secoli di relativa libertà hanno tuttavia giovato, non soltanto a permettere che l'evoluzione tecnica del biglietto si svolgesse in un campo di più larga sperimentazione, ma anche a darle singolare impulso in un'epoca in cui, per la poca entità dei depositi, la scarsità di capitali mobiliari e l'insignificante uso di altri più moderni effetti di pagamento, il biglietto fu strumento quasi esclusivo della dilatazione delle operazioni di credito pubblico e privato, che furono fattore indispensabile della metamorfosi economica e politica dell'età moderna e contemporanea.
Per le strette interferenze fra circolazione bancaria e circolazione metallica, non meno che per gli abusi a cui la libertà di emissione diede luogo e le conseguenti rovine, era naturale che assai presto gli stati intervenissero a disciplinare il fenomeno, e, il più delle volte, da principio, anche per avocarne a sé il vantaggio finanziario. Ma soltanto nel sec. XIX i principî del regime legale dei biglietti si concretarono, dettando norme precise per la loro sicurezza e garanzia; le quali norme consistevano principalmente nel determinare un rapporto minimo fra circolazione e riserva, destinato ad assicurarne il rimborso a vista. A quattro si riducono i metodi principali adottati per raggiungere lo scopo: 1. della riserva parziale (legge bancaria inglese del 1844: somma fissa di emissione totalmente scoperta; tutta l'eccedenza interamente rappresentata da moneta metallica in cassa); 2. della riserva proporzionale (percentuale di riserva sul totale dell'emissione, limitato anch'esso a un massimo insuperabile, o superabile soltanto a gravose condizioni); è il sistema vigente in Italia; 3. del massimo fisso di emissione, senza prescrizione tassativa di riserva (Francia, fino alla legge del giugno 1928, che applica anche alla Banca di Francia il metodo della proporzionalità); 4. della riserva per titoli (emissione proporzionata ai valori pubblici depositati presso il tesoro); metodo preferito nelle due Americhe, fino alle recenti riforme delle banche di emissione, e non abolito negli Stati Uniti che nel 1912, quando vi si sostituì quello della riserva proporzionale, di tipo europeo. Correlativo all'intensificarsi del controllo legale fu dovunque il processo di concentrazione nell'emissione dei biglietti, per il quale da una pluralità, talora grandissima, d'istituti emittenti, si passò gradatamente a pochissimi, con tendenza universale e visibile al monopolio unitario, in più luoghi già da tempo raggiunto. Al regime di stretto vincolo che si è venuto sostituendo alla libertà della banca, quanto all'emissione, corrisponde d'altro lato un'autonomia sempre maggiore della banca rispetto al tesoro dello stato, che, coi suoi bisogni e richieste, fu nel passato, in tutti i paesi, causa frequente di dissesto per gl'istituti emittenti. Entro l'orbita fissata dalla legge, questi vengono sempre più considerati come enti investiti di funzione pubblica indipendente, gelosamente emancipati da ogni pressione e volontà dei poteri politici. La guerra mondiale segnò un brusco arresto, poi un regresso, in questa tendenza; e il biglietto di banca, divenuto biglietto di stato, subì tutte le ripercussioni dell'indebolimento monetario. Ma dovunque il ritorno alla moneta sana ebbe come condizione preliminare e strumento efficacissimo il ripristino, in forma anche più rigorosa, delle garanzie tutelanti le banche dall'ingerenza dei governi e l'investitura più solennemente loro conferita di regolare l'emissione secondo i bisogni del credito economico privato, con finalità e criterî di utilità generale e osservanza scrupolosa dei più sicuri principî tecnici, confermati dalla grandiosa esperienza di quegli anni con evidenza ineccepibile.
In Italia il biglietto di banca, nella sua perfetta espressione, risale ad epoca relativamente recente, sebbene i suoi progenitori (specialmente i certificati di deposito) vantino fra noi origine forse più antica e storia almeno altrettanto varia e istruttiva quanto in qualsiasi altro paese. Soltanto dopo molti contrasti e difficoltà sorsero, nel 1846 e 1847, a Genova e a Torino, le due prime banche di emissione vere e proprie che, fuse nel 1849, divennero la Banca nazionale sarda. Ma i biglietti da essa emessi circolavano ancora assai scarsamente, fuorché nei maggiori centri, fra il 1850 e il 1860. Esistevano a quella data nelle regioni annesse al Piemonte più istituti che emettevano effetti pagabili a vista, mancanti però quasi sempre di qualcuno dei caratteri essenziali del vero biglietto. Solo la Banca nazionale toscana e la Banca dello Stato pontificio potevano ritenersi investite di una vera facoltà di emissione, ma limitata nel fatto a proporzioni modestissime. Nominative e trasmissibili per girata erano ancora le "fedi di credito" e le "polizze" del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia. La Banca toscana di credito aveva in circolazione soltanto dei "buoni di cassa". All'unificazione politica seguì un periodo di assai larga libertà bancaria, nel quale numerosi istituti grossi e piccoli assunsero l'emissione. La legge 10 agosto 1893, concentrando nella nuova Banca d'Italia la Banca nazionale sarda e le due toscane, con l'incarico di liquidare la fallita Banca romana, diede finalmente alla circolazione fiduciaria una base tassativa e solida, la quale, nelle linee essenziali, permane tuttora. I capisaldi essenziali della riforma sono: a) limitazione della facoltà di emissione al solo Banco d'Italia, al Banco di Napoli e al Banco di Sicilia; b) massimo di circolazione, superabile soltanto a rigorose condizioni per speciali esigenze del mercato; c) riserva proporzionale del 40% in metallo o effetti equiparati sui biglietti circolanti; d) divieto di operazioni rischiose e aleatorie; e) controllo statale di gestione, con organi appositi. Completata da successive disposizioni risanatrici dei banchi meridionali, la legge 1893 raggiunse rapidamente i suoi scopi, tanto che la circolazione discese al limite normale più presto che non fosse previsto. Il sistema così adottato rimase integro, salvo correzioni formali di opportunità (circa il massimo di emissione, le operazioni consentite, ecc.), fino alle nuove leggi 25 giugno e 7 settembre 1926 che concentrano nella sola Banca d'Italia la facoltà di emissione, ne stabiliscono il massimo in 7 miliardi (elevabili a 8 soltanto eccezionalmente o con particolarissime garanzie) e restituiscono al biglietto bancario la sua genuina funzione, prescrivendo che abbia a cessare, per rapidi gradi, l'emissione per conto e a debito dello stato, rimanendo unicamente quella corrispondente a operazioni commerciali effettive e liquide.
Gli attuali istituti di emissione, come da noi la Banca d'Italia, godono di un monopolio in tale funzione e nello stesso tempo assurgono a regolatori del sistema bancario dei vari Stati.
In tutti i paesi si è infatti verificata la tendenza di sottoporre le banche a una disciplina che consenta il controllo dello Stato sull'attività creditizia e monetaria. Tale controllo, sorto all'origine come strumento di difesa del risparmio, si è trasformato in un mezzo per governare il sistema bancario a fini economico-politici e congiunturali.
In sintesi, i biglietti di banca all'origine venivano rilasciati contro deposito di monete metalliche e di metalli preziosi e avevano circolazione fiduciaria, erano cioè accettati sulla fiducia (e quindi potevano anche essere rifiutati nei pagamenti) ed erano  convertibili in oro. Chiunque poteva presentare dei biglietti di banca e chiederne, all'istituto emittente, l'equivalente in oro o in monete metalliche.
In seguito venne attribuito alle banconote valore legale. Queste assumevano così potere liberatorio  e dovevano essere accettate per legge come corrispettivo di beni e servizi e per l'estinzione dei debiti, pur rimanendo convertibili in oro presso la banca emittente.
Quando però gli Stati, in seguito a ingenti e continue spese non coperte da entrate correnti, misero in circolazione un ammontare di banconote molto superiore a quello del metallo prezioso custodito presso le banche di emissione, la convertibilità venne sospesa. Prese inizio così l'attuale circolazione a corso forzoso, nella quale il valore dei biglietti di banca è indipendente dalle riserve auree esistenti presso le banche di emissione.
La carta moneta inconvertibile che oggi circola rappresenta un debito a vista dello Stato o della sua banca centrale. Si tratta però di un debito molto particolare, che deve essere accettato da tutti in cambio di beni e servizi ma che lo Stato stesso non si impegna a onorare in quanto non ne effettua la conversione in metallo prezioso.

domenica 11 maggio 2014

Primi interventi di carattere pubblico nell'attività bancaria

Il fiorire e l'intensificarsi della attività economica, specie dal XII sec. in poi, aveva accresciuto la massa di risparmio disponibile, mentre ragguardevole era anche la richiesta potenziale di capitali, soprattutto nel settore del commercio, impegnato in ardite iniziative di espansione.
Il denaro perciò affluiva sotto forma di depositi presso i banchieri , in genere persone eminenti della nascente borghesia cittadina, che corrispondevano quasi sempre un interesse, eventualmente in modo non palese, nonostante il divieto canonico.
In altri casi, per aggirare la regolamentazione in materia, il risparmio veniva fornito quale partecipazione associativa a compagnie costituite intorno a famiglie di capitalisti particolarmente attive.
Ciò che conta qui sottolineare è che il banchiere che si trovava a disporre di ingenti masse di depositi, le impiegava generalmente nel proprio commercio o industria, o in certe grandi operazioni finanziarie caratteristiche dei tempi (prestiti a Stati e Sovrani, riscossioni di rendite varie, ecc.).
E all'immobilizzo a lungo termine di risorse, che avrebbero dovuto invece conservare un alto grado di liquidità, viene in genere attribuita la crisi e il crollo delle grandi case bancarie rinascimentali, specie fiorentine (quelle dei Bardi e dei Peruzzi per esempio).
Tali esperienze furono, per certi aspetti, positive, dato che indicarono la necessità di conservare la disponibilità dei depositi. Le autorità del tempo intervennero anzi con vari impedimenti legislativi volti a garantire un più ordinato svolgimento delle attività bancarie, nell'interesse sia dei risparmiatori che della collettività tutta; le norme emanate imposero cauzioni, il divieto di esercizio di determinate imprese, limiti vari per ridurre i rischi connessi.
A questo primo intervento di carattere pubblicistico, ne seguirono altri, più incisivi: lo Stato ritenne opportuno, per eliminare gli abusi che continuavano a verificarsi, istituire propri banchi, con la precipua funzione di custodia dei depositi, agevolazione dei pagamenti e manutenzione del valore delle monete, nonché il loro utilizzo quali casse pubbliche, cui lo Stato ricorreva in caso di impellenti esigenze finanziarie.
L'epoca medioevale e quella rinascimentale si chiudono perciò senza che l'attività bancaria abbia acquisito quei tratti che le sono oggi caratteristici. La Banca svolge essenzialmente un ruolo monetario e le operazioni di questo tipo subiscono una notevole evoluzione e perfezionamento; deposito, cambio manuale e traiettizio, lettera di cambio, trasferimento dei titoli rappresentativi dei depositi mediante girata nei registri del banchiere, mantenimento del valore delle monete mediante verifica del contenuto di fino, cioè del contenuto in metallo prezioso rispetto al valore nominale.
Tutti questi sono gli strumenti con cui le casse dell'epoca assolvono ai compiti di custodire la moneta, agevolare i pagamenti e migliorare il movimento del denaro.
Mancava ancora alla Banca l'esercizio della funzione creditizia, cioè la connotazione peculiare del suo inserimento nell'economia moderna.
Operazioni di prestito talvolta si facevano ma contenuti in una sfera assai ristretta e molto spesso non finalizzati ad attività produttive.
Spesso venivano effettuati abusivamente dai cambisti e dalla banche di deposito ma con le più studiate cautele per sfuggire al rigore delle leggi proibitive o limitative dell'interesse.
Si mirava, da parte dei pubblici poteri, ad assegnare alle banche l'anzidetta funzione monetaria, ostacolando e proibendo ogni attività di tipo creditizio per la tutela dei depositanti.



Una nota in merito all'usura

La Chiesa era contraria all'usura, cioè ai prestiti a interesse; la cultura religiosa di quel periodo considerava grave peccato il prestare denaro a interesse perché in tal modo il creditore sfruttava il tempo, cioè un bene divino e non suo, per ricavare senza lavoro un ingiusto guadagno.
Il divieto religioso non costituì però un vero limite all'attività dei banchieri in quanto era spesso sufficiente, per evitare scomuniche, salvare la forma e non usare la parola interesse sostituendola con dono, "guiderdone".

Coll'inizio delle crociate si comincia a sostenere in Italia che si può chiedere usura ai musulmani, anche se questo avrebbe potuto voler dire per i musulmani impiegare i capitali ricevuti contro gli interessi dei cristiani. D'altra parte durante le crociate l'usura ebbe grande diffusione, tanto che già alla fine del XII sec. gli usurai cristiani erano di molto superiori a quelli di origine ebraica. Tra il Mille e il XIII secolo il tasso annuale che gli ebrei in Francia non devono superare era del 33,5%. Analogamente a Firenze, Milano, Pistoia, Lucca il tasso medio annuo si aggirava sul 30% (in Inghilterra invece andava dal 12 al 33%).

A proposito del divieto canonico sull'applicazione degli interessi, voglio evidenziare come il capolavoro di  Giottola Cappella Scrovegni a Padova, sia stato commissionato da Enrico Scrovegni per riparare alla fama negativa della propria famiglia accusata di aver praticato l'usura.
Per saperne di più selezionare il link sotto riportato.

http://www.vhlab.itabc.cnr.it/Img/Media/CulturaliaPadova/Culturalia_01_padova.pdf

mercoledì 7 maggio 2014

L'attività bancaria nell'età medioevale - Comparsa della cambiale

Con la caduta dell'impero Romano d'Occidente, nel V sec. d.C., e le invasioni barbariche, comincia la crisi che, sul piano economico, si trasforma ben presto in sgretolamento dell'immensa area che più secoli di dominazione romana avevano unificata mediante una fitta rete di rapporti. Le città si spopolano, scompaiono le poche attività industriali, i traffici diminuiscono d'importanza fino a cessare praticamente. Nasce il sistema cosiddetto di "economia curtense"(economia delle curtis, ovvero le terre possedute dai feudatari medioevali. Sistema economico chiuso all'interno del feudo e pressoché privo di scambi commerciali con l'esterno.), che caratterizzerà il mondo occidentale fin oltre l'anno mille. In tale situazione, era evidente che quelle elementari operazioni monetarie, tramandate dall'antichità, erano destinate a decadere. Aggiungasi che il principio canonico, comportante il divieto del prestito a interesse, influenzò profondamente ed ebbe effetti depressivi sullo svolgimento economico della società medioevale.
A partire dall'XI sec., tuttavia, nuovi elementi vengono a caratterizzare e a determinare mutamenti di ampia portata nella società del tempo. Basterà ricordare, tra i principali, il declino dell'istituto feudale, il sorgere delle autonomie cittadine, la formazione di una classe borghese, il movimento delle crociate.
A questi fenomeni si accompagnano il risveglio delle attività economiche e, in particolare, la costituzione di prime industrie di un certo rilievo, nonché l'espansione dei traffici, che dal livello locale e regionale si sposteranno progressivamente fino a quello intercontinentale.
Parallelo a questa evoluzione è anche lo sviluppo delle attività bancarie, sotto il profilo sia delle tecniche impiegate che della loro diffusione. Il periodo considerato segna anzi il raggiungimento, in tale settore, di una certa "maturità", nel senso che la funzione bancaria perde quel carattere di accidentalità, che aveva contrassegnato il suo sorgere per assumere un maggiore e più valido ruolo.
Collegio del Cambio - Perugia
Con la ripresa della vita economica, nuovo impulso e fisionomia acquistano le tradizionali operazioni bancarie già esaminate. La diffusione generalizzata delle monete metalliche, quale mezzo di pagamento, fa fiorire l'attività dei cambiavalute. Discendenti dai  trapeziti greci e dagli argentari romani, presero nel Medioevo gli appellativi di campsores e di cambiatores e come gli antichi predecessori si dedicarono sia all'accertamento del peso e del titolo delle monete sia al cambio manuale e al cambio traiettizio. Ampiamente praticato diviene il cambio a distanza o cambio traiettizio al quale è unita la creazione del nuovo strumento rappresentato dalla lettera di cambio, meglio conosciuta oggi con il termine di cambiale tratta.

Vale la pena, a questo punto, soffermarsi anche con un esempio di tipo tecnico su questo importantissimo strumento che nella storia della civiltà umana ha rivestito una importanza eccezionale.

Il sorgere della cambiale è legato al contratto di cambio traiettizio che serviva a procurarsi la moneta per pagamenti da farsi in un determinato luogo, risparmiando le spese e i rischi del trasporto.
Nella più semplice struttura dell'operazione di cambio traiettizio, A versa a B la somma di cui desidera disporre altrove e B incarica C suo corrispondente nel luogo voluto, del pagamento. La cambiale tratta si sviluppa dal documento con il quale B invita C a pagare l'equivalente della somma ricevuta da A.
Questa origine spiega limpidamente la forma epistolare e il tenore imperativo che la tratta conserva anche ai nostri tempi.
B che firma la lettera corrisponde all'odierno traente;
C che deve pagare ha la posizione oggi conservata dal trattario;
A, a favore del quale deve essere fatto il pagamento, è l'antenato dell'attuale prenditore.
E' però possibile e anzi consueto che A indichi come destinataria del pagamento una quarta persona, D. In tale ipotesi, A, che prende il nome di rimettente, non è designato nella lettera che egli trasmette a D, ma, senz'altro, è indicato quest'ultimo, che è detto presentante. La somma versata da A a B si dice valuta quella correlativa che B ha o trasmette presso C, provvista.
Secondo opinioni autorevoli, anche la cambiale propriamente detta o vaglia cambiario sarebbe collegata al cambio traiettizio da un nesso originario: essa troverebbe le sue origini nel documento che attesta l'obbligo al pagamento della somma cambiaria di chi ha ricevuto la valuta.

Dal punto di vista tecnico giuridico, esporrò in maniera più dettagliata e completa le caratteristiche di tali strumenti quando parlerò dei titoli di credito. Per ora è sufficiente distinguere la differenza sostanziale tra la cambiale tratta e il vaglia cambiario o pagherò. La prima consiste in un ordine di pagare, la seconda in una promessa di pagamento.


I campsores assunsero sempre maggiore importanza, man mano che progredivano gli scambi e si ampliavano i commerci, fino ad organizzarsi in corporazioni, come l'Arte del Cambio a Firenze, che esercitavano una fiorente attività e godevano di grande considerazione.
Collegio del Cambio - Perugia

domenica 4 maggio 2014

Evoluzione storica della funzione bancaria



La ricerca storica sull'origine della funzione bancaria non è certo agevole. In via induttiva, è indubbio che l'apparizione di prime forme di attività assimilabili a quelle bancarie va ricollegata allo svilupparsi di un'economia nella quale sia stato superato il problema della sussistenza giornaliera, quando, cioè, l'individuo comincia a organizzare la propria esistenza e a esercitare, in modo stabile, l'agricoltura e la pastorizia. Come frutto di questo lavoro, l'uomo viene a disporre di beni che non sono immediatamente consumati, ma vengono conservati.

In tempi, quali quelli primitivi, di rischi e incertezze, in cui non infrequente doveva essere la possibilità di saccheggi e di perdita delle proprie risorse, era naturale che il possessore ricercasse luoghi, situazioni e, soprattutto, persone che dessero le garanzie di custodia di tali beni.
Sotto tale profilo, la ricerca della fiducia era il problema fondamentale che si poneva all'uomo primitivo, proteso a conservare i propri mezzi di vita; e chi, meglio delle divinità, poteva allora corrispondere a questa fiducia? I templi, dove si accentravano grossi patrimoni appartenenti alle comunità religiose che venivano continuamente arricchite dalle offerte dei fedeli, furono, infatti, i primi luoghi ove l'uomo si recò per la custodia dei propri beni, e può ben dirsi che questo atto segna l'apparire di rudimentali forme di operazioni bancarie: il deposito a custodia di cereali, merci, oggetti vari.
Le solide mura dei luoghi sacri e il rispetto da cui erano circondati rendevano i templi assai più sicuri delle abitazioni private. In Mesopotamia sono state rinvenute le più antiche tracce di tali operazioni; ne fanno testo i documenti contabili in forma di tavolette di argilla trovate nel tempio di Uruk, costruito probabilmente intorno al 3500 a.C. Ed è alle diverse civiltà fiorite in questa regione che viene generalmente attribuito lo sviluppo di una attività bancaria, sia pure in forma embrionale.
I cittadini ricchi solevano perciò affidare in deposito a custodia ai sacerdoti monete ed oggetti preziosi accompagnandoli con offerte alle divinità.
I sacerdoti, a loro volta, utilizzando i beni del tempio, concedevano spesso dei prestiti sia ai governanti sia ai privati imprenditori, facendosi pagare un interesse.
Troviamo tracce di queste attività sia presso le popolazioni mesopotamiche sia presso i greci. I templi di Delfo, di Delo e di Olimpia oltre che centri religiosi erano centri finanziari.
Duemila anni fa l'attività bancaria aveva trovato sviluppo anche presso gli ebrei, che in epoca più remota avevano condannato ogni forma di speculazione commerciale e finanziaria.
La testimonianza sull'esistenza di istituzioni bancarie ebraiche ci viene persino dal Vangelo, nella parabola dei talenti, dove il padrone che ritorna da un lungo viaggio loda i servi che hanno messo a frutto le somme affidate e castiga duramente il servo timoroso che le aveva tenute nascoste:
"avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse" (Matteo 25, 14.30).
L'intensificarsi degli scambi monetari diede inoltre luogo a una intensa attività esercitata da cittadini privati consistente nel cambio delle monete.
Queste erano molte, di varia emissione e provenienza, e i cambiavalute, chiamati in Grecia trapeziti (da trapeza = tavola, banco) e a Roma argentari (dall'introduzione dell'argento nella coniazione delle monete), provvedevano ai cambi avvalendosi delle pietre di paragone (varietà di diaspro nero che sfregato sulle monete ne metteva in evidenza il colore dell'oro) per individuare la composizione delle leghe e di un abaco per effettuare i calcoli. La loro attività non facile sia per la varietà delle monete sia per l'esistenza di quelle false veniva svolta dietro compenso in percentuale.
Per la loro capacità  e onestà, nonché per la loro intraprendenza, ben presto i trapeziti in Grecia e poi gli argentari a Roma seppero conquistarsi la fiducia degli uomini abbienti, ricevendo anche denaro in custodia.
Mentre i depositi effettuati presso i templi, salvo le eventuali e facoltative offerte, erano gratuiti, quelli effettuati presso i cambiavalute erano a pagamento, nel senso che i depositanti pagavano un compenso per il servizio e gli oneri di custodia.
Ben presto, e probabilmente all'insaputa dei depositanti, trapeziti e argentari cominciarono a far uso dei capitali ricevuti per concedere prestiti e lucrare interessi. Tale arbitrio fu successivamente sanato da espliciti accordi che segnarono ufficialmente la trasformazione dei depositi a custodia (o depositi regolari) in depositi irregolari, ossia in depositi con facoltà d'uso che consentono di restituire non le stesse monete ma un ammontare equivalente aumentato degli interessi pattuiti. Si delineava così una attività bancaria di tipo moderno.




da Platone (427 a.C. - 347 a.C.)

Apologia di Socrate - discorso di Socrate:

"...o cittadini, non sarebbe davvero conveniente che, a questa età, io mi presentassi davanti a voi a foggiare discorsi come un giovinetto. E anzi, o cittadini ateniesi, io vi prego molto di questo e vi chiedo di esser scusato: se mi ascolterete fare la mia difesa con quegli stessi discorsi che sono solito pronunciare anche sulle piazze davanti ai banchi dei cambiavalute, dove molti di voi mi hanno ascoltato, e in altri luoghi, non dovete meravigliarvi e non dovete far chiasso per questo."
  

venerdì 2 maggio 2014

Perché questo blog

E’ già passato quasi un anno dalla mia uscita dal cosiddetto “mondo del lavoro”.  La mia è stata una opportunità, una scelta consapevole, una decisione presa con la stessa contentezza ed entusiasmo con cui ho sempre lavorato.
Questi mesi sono passati velocemente ma li ho vissuti con intensità e con  grande serenità. La possibilità  di dedicarmi alle mie attività preferite, unitamente agli impegni quotidiani di una normale esistenza, non hanno lasciato spazio né tempo per rimpianti o nostalgie.
Conservo un bellissimo ricordo della mia attività di bancario e soprattutto delle persone che ho incontrato, in vari luoghi d’Italia, in quasi quarant’anni di servizio. Allo stesso modo vorrei, per quanto possibile, conservare memoria della materia di cui mi sono occupato, delle conoscenze che ho acquisito e soprattutto dell'esperienza maturata nella tecnica bancaria, in particolare nelle concessioni creditizie con tutto quello che comportano. Vorrei poter rifocalizzare le principali funzioni della banca: quella di raccolta del risparmio, quella della concessione del credito, quella monetaria, quella sociale, quella dei servizi, ecc. 
A questo scopo, ritengo mi sia utile ripetere, con pazienza ed umiltà, e senza grandi pretese,  a mo’ di programma di studio, i principali argomenti trattati nella tecnica bancaria con particolare riferimento alle funzioni sopra richiamate ed agli strumenti necessari per lo svolgimento dell'attività bancaria. 
Tanto per cominciare vorrei esporre una breve storia delle origini dell'attività bancaria, del sistema bancario e delle figure che in tale sistema si muovono.
Spero di riuscire in questo lavoro, per la verità ambizioso, con costanza e serietà, aperto  ad accogliere  eventuali consigli, suggerimenti e correzioni da quanti casualmente si imbatteranno nei miei scritti.

A presto.